Nel pensare la giusta luce per gli Horti Leonini sono stati sviluppati alcuni punti cardine di un buon progetto di lighting: l’aspetto pratico, appunto garantendo un illuminamento che permetta di fruire lo spazio nelle ore di buio (prima dell’intervento il Parco era quasi totalmente privo di corpi illuminanti, e quindi non poteva essere visitato nelle ore dopo il tramonto); l’aspetto tecnico e tecnologico scegliendo soluzioni che si integrano con la natura del luogo, con elevate prestazioni e con una certa qualità anche estetica ; l’aspetto compositivo, una luce che sia anche bella da vedere e, volendo, con un certo impatto anche scenografico.
Ecco alcuni estratti di come gli stessi progettisti descrivono l’intervento:
“Siamo riusciti a sviluppare un’idea che va più in profondità nel luogo.
Indagando gli aspetti cardine che caratterizzano lo spazio, siamo riusciti a tradurli in luce, come se gli Horti Leonini contenessero già il disegno della luce.
Ciò significa progettare una luce che è veramente parte dell’architettura in cui si inserisce, che è espressione del luogo stesso.
Per fare ciò abbiamo analizzato la situazione attuale dell’illuminazione e dell’impianto e abbiamo individuato eventuali possibilità e vincoli.
Ci siamo documentati sulla storia del parco, perchè anche per un progetto di illuminazione è importante conoscere la memoria di un luogo ed eventuali elementi che devono essere conservati o messi in risalto, e gli Horti Leonini sono un luogo che conserva una forte memoria, legata al culto del pellegrinaggio, alla sosta, alla visita.
Ma sono soprattutto un luogo fortemente impresso nel disegno di San Quirico d’Orcia, parte fondamentale di quella che viene definita “l’immagine della città”.
Per cui, indagando sul presente, su ciò che si percepisce vivendo e attraversando il parco, abbiamo individuate i caratteri fondamentali che confluiscono poi nella dimensione totale della percezione dello spazio.
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Elemento fondamentale è l’asse centrale che attraversa l’intero spazio da cima a fondo, quasi come se lo spazio urbano entrasse nel parco attraverso questa strada e spingendoci a percorrerlo.
Questo segno centrale e lineare coesiste con la geometria del parterre, delle siepi che si sviluppano intorno, le quali essendo dei segni geometrici triangolari con angoli acuti e ottusi, generano continue linee di forza e diagonali, assi e direttrici oblique che spostano visivamente la percezione dall’asse centrale, invitando a spostarsi, a muoversi in tutto lo spazio circostante.
Una geometria quindi espressione di razionalità e dinamismo che domina la parte bassa, ancor più messa in risalto dalla presenza delle mura perimetrali, due assi non paralleli di contenimento del luogo ma divergenti verso l’esterno: come se volessero spingere oltre la prospettiva, oltre i confini del parco, dallo spazio interno verso l’esterno, verso lo spazio urbano circostante.
In ultimo, le due statue, quella di Cosimo dei Medici e quella del Giano Bifronte, fungono da polarità, richiamando l’attenzione all’asse centrale.
Tutti questi segni sono dunque diventati segni di luce, ricalcando la natura razionale e dinamica della parte bassa e creando nel loro accostamento l’immagine di luce degli Horti Leonini.
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Il primo segno di luce è quello che ricalca l’asse centrale e due diagonali oblique: una sorgente led lineare inserita in un carter speciale appositamente disegnato, posto al di sotto della linea della siepe che crea un riverbero di luce continuo radente il prato. Quindi una linea di luce continua che ci accompagna.
Il secondo segno di luce usa la presenza del vuoto tra le due siepi: ogni triangolo verde ha un suo doppio all’interno, si genera uno spazio tra questi nel quale, sempre con elementi lineari nascosti, illuminiamo l’interno delle siepi ridisegnando con la luce il parterre. Questo segno, grazie alla pendenza del terreno ci accompagna visivamente nella passeggiata e quando saliamo lungo la rampa, voltandoci, possiamo rileggere l’intera geometria del parco.
Anche le mura vengono illuminate, con un timbro meno presente, più rado, grazie a incassi a terra che creano un leggero riverbero dal basso verso l’alto.
In ultimo le due statue vengono messe in luce con piccoli spot nascosti tra le siepi.
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Per raccontare la luce nell’architettura, si possono usare mille tecniche di rappresentazione e molto verosimili all’effetto finale: le immagini elaborate per questo progetto evocano quello che sarà l’effetto finale, ne danno l’idea, tuttavia sono convinta che la luce sia soprattutto percezione da vivo. Nemmeno una fotografia può rendere totalmente l’idea; come una scena di teatro, come la vista di un paesaggio, come un qualunque luogo che ci sia familiare o meno, dobbiamo essere presenti per visualizzare realmente.
E la percezione, che non è solo vedere ma anche sentire i luoghi, varierà sì con gli scenari, ma anche in base allo stato d’animo con cui li vivremo.”
Cit. Arch. Fiorella La Porta, progettista
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